Presentazione | Poesie |
Approdato alla scrittura poetica in età avanzata, Alfredo Poli vi si applica “in abito feriale”, con il passo leggero di chi, con onestà, non cerca nei versi altro esito di una misura di sé, muovendosi con cautela tra passato e resente, “quam minimum credula postero” potremmo dire, senza peraltro che il disincanto (il dato suo anche fisiognomico più immediatamente riconoscibile) la vinca del tutto, se è pur vero che “da ogni spina negli anni/è nato un nuovo germoglio”. Alfredo conosce le trappole della memoria, sa che “forse il segreto è stare immobili” e che “lento” deve essere il ritorno a Itaca”, se il tempo ora è quello del tepore e non più degli impeti, se le profondità s’annidano “sull’orlo/indistinto delle cose” e cercarne una ragione è impresa vana. Poesia laica la sua, e discreta come “un nido di cigno nel canneto”, sotto un cielo orfano di dio (“Forse un grande occhio elettronico ci scruta,/schiacciati tra i vetrini, /agitarci inquieti/nella soluzione organica”) e piuttosto “sacro dell’uomo”, dove l’ascesa, se ancora possibile, è affidata all’ebbrezza dei versi trovati (“fogli di carta…con vista mozzafiato”) e dove la consolazione d’amore è già salvezza, nella segreta vicenda di una natura che gli infonde gli accenti migliori e più sinceri. Mario Allegri |
Orme |
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